Stop auto benzina e diesel dal 2035, Confapi: "A rischio 195mila posti di lavoro"
Il Vicepresidente nazionale di Confapi, Corrado Alberto, espone la necessità di adottare fin da subito una nuova politica industriale per non dipendere in futuro dal mercato dei Paesi asiatici.
“Lo stop ai motori endotermici dal 2035 è una scelta che nel breve termine metterà in difficoltà le piccole e medie industrie italiane. Sono a rischio, infatti, oltre 2.200 aziende del comparto e 195.000 posti di lavoro”. Così il Vicepresidente nazionale di Confapi, Corrado Alberto, ha commentato la decisione del Parlamento Europeo di mettere definitivamente al bando la vendita di veicoli a motore endotermico dal 2035.
Il Parlamento europeo, infatti, ha definitivamente approvato a maggioranza – 340 voti favorevoli, 279 contrari e 21 astensioni – l’accordo sul taglio delle emissioni di CO2 per auto e veicoli commerciali leggeri, accordo raggiunto lo scorso anno nel quadro delle misure previste dal piano Fit for 55, il quale prevede il conseguimento dell’obiettivo climatico dell’UE di ridurre le emissioni di almeno il 55% entro il 2030. Al 2035, dunque, il taglio delle emissioni sul 2021 sarà pari al 100%, il che equivale allo stop alla vendita dei veicoli a motore termico, alimentati a benzina o a diesel.
“Abbiamo sempre sottolineato a tutti i livelli istituzionali – spiega in una nota – le criticità che questa misura comporta. Eliminando il know-how della componentistica dei motori termici all’Italia e all’Europa, e considerando la leadership tecnologica sull’elettrico in capo ai Paesi asiatici, il rischio di delocalizzazione a lungo termine dell’intero settore è molto concreta”.
Per il Vicepresidente di Confapi “la decisione del Parlamento europeo non è procrastinabile, ma riteniamo che la transizione ecologica non può prescindere da una sostenibilità economica. Per questo è necessario adottare fin da subito una nuova politica industriale che possa far transitare chi uscirà dal mercato del lavoro dell’auto termica verso nuove frontiere.
Bisogna adottare una politica energetica e industriale – continua Alberto – che si focalizzi soprattutto sulla produzione nazionale di energie rinnovabili a partire dal fotovoltaico che possa venire prodotto, rigenerato e smaltito in Italia. Altrimenti, saremmo costretti a rifornirci non solo delle componenti di auto elettriche in Cina e in Asia, ma anche degli elementi per la produzione della stessa energia elettrica. E questo – conclude Alberto – non possiamo permettercelo”.